Poi in Uzbekistan conobbi Zamira, con un figlio, Timur (Tamerlano) che ogni giorno aveva un livido nuovo, regalo del marito, ex volontario in Afghanistan, ora auto condannato a vodka perpetua.
Poi Merhan, laureato di Tehran, che da mesi si tortura il cervello sul restare nel suo paese che ama profondamente o provare l'avventura europea della quale conosce benissimo i limiti.
E come non portarsi ancora dentro lo sguardo complice e compiaciuto di Zarif che nel lontano 1976 ad Herat in Afghanistan era possessore di uno dei rari impianti stereofonici di quel paese, ruotava la manopola del bilanciamento del suono a destra e sinistra molto lentamente con fare un po' magico, sornione, come di colui che sa e che meravigliato vuol meravigliare ed è convinto di poterlo fare.
E Farid? Un contadino iraniano che prima ancora di salutarci si precipita verso gli alberi per raccoglierne il frutto e aprendo le mani ce lo porge dandoci il benvenuto?
E ancora...anzi basta così, credo che sia abbastanza ne sarei inebriato.
Ogni persona, luogo, ogni ricordo è come una piccola goccia che scende dal cuore, carica di calore, piena, ricca, forte, come un distillato di umanità, di bellezza, di vissuto, di grandezza, un inno alla Vita... un Elisir.
Grazie a tutti voi.
Dedicato ad Enzo
Questo articolo è apparso sul n°25 di Re Nudo www.renudo.it
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