strada è in sostanza ad una corsia e si guida a sinistra,
i camion che vengono dal senso opposto ti obbligano a buttarti
fuoristrada se non vuoi essere investito, questo è possibile
solo grazie all'agilità delle moto.
Una jeep completamente fuori corsia investe frontalmente uno
di noi. La fortuna ci assiste, a 15km c'è un piccolo
ospedale, ci dividiamo due su di un pick up con il ferito e
due a fare la guardia alle moto.
I rari camionisti che si fermano c'esortano ad andare via il
prima possibile da quel luogo, terra incontrastata di predoni.
C'è tensione.
Dopo alcune ore ritornano gli altri, risultato dell'incidente,
mano ingessata tre punti al naso e tre ad un braccio. Organizziamo
il trasporto della moto e del pilota su di un camioncino fino
a Quetta, capoluogo del Beluchistan.
Bisogna arrivare prima che cali la notte, ma la strada è
piena d'insidie ed è ormai il tramonto, cosi all'uscita
di una curva a velocità sostenuta uno di noi non vede
(e sfido chiunque a farlo) due cunette prima della ferrovia.
Ho visto la moto girare su se stessa tre volte, lanciare una
fiammata di scintille sull'asfalto, catapultare il suo pilota
a destra e fortunatamente la tanica colma di benzina a sinistra.
Tanta paura ma solo escoriazioni, ci abbracciamo.
Si rimette in sesto la moto e si riparte.
Dopo alcune ore le lontane luci di Quetta ci sembrano un miraggio.
Moto incidentata e pilota proseguono in treno per Peshawar.
Prendiamo la strada delle montagne, segnata sulla carta come
principale e sicuramente più fresca dell'altra che costeggia
l'Indo.
Siamo in piena area tribale.
Dopo Zhob, dove veniamo ingoiati da una folla non troppo ben
disposta, uno sterrato ci porta a dover guadare un fiume largo
una ventina di metri, con acqua alta fino a meta coscia.
Si prosegue nella speranza di ritornare su asfalto, ma per due
lunghi giorni non sarà così.
Sempre più contento sulla scelta della moto cerco di
godermi gli altri guadi e le varie mulattiere, ma un pick up
carico di persone armate di kalashnikov mettendosi |